domenica 20 dicembre 2015

Torta di ricotta e carciofi

Eccomi di nuovo sul blog dopo un lunghissimo periodo di lontananza.
A seguito di un noioso stato influenzale, accompagnato da nausea ed altri inconvenienti vari, mi sono ritrovato per giorni senza forze e nessuna voglia di cucinare. Ora sto molto meglio ed ho voluto riavvicinarmi al blog con un secondo vegetariano destinato principalmente per mio genero che non mangia carne né pesce. Ho così fatto una torta di pasta brisée, riempita con un impasto di  vari formaggi e carciofi.





Questi gli ingredienti per 4 persone.

Per la pasta brisée:
  • 250 g di farina 00
  • 150 g di burro
  • 1 cucchiaino di sale
  • 1 pizzico di zucchero
  • 1 uovo
  • 1 cucchiaio di latte
Per il ripieno:
  • 4 carciofi
  • 1 spicchio d'aglio
  • sale
  • un spolverata di paprica dolce e di ginger in polvere
  • 250 g di ricotta romana
  • 1 uovo
  • 3 cucchiai di parmigiano reggiano
  • 100 g di fontina

Preparazione

Per fare la pasta brisée ho ripreso la ricetta che avevo fatto per l'MTC di marzo 2015 (qui).
Dopo l'esperienza fatta la scorsa volta, stavolta l'impasto mi è venuto molto bene, grazie forse all'uso di ingredienti molto freddi o anche al lungo periodo di riposo in frigorifero.

Fare la fontana con la farina, mettere al centro il burro molto freddo a pezzetti, l'uovo, il sale e lo zucchero e cominciare a lavorare pizzicottando dapprima la farina col burro, continuando poi a incorporare gradualmente tutto il resto.
Quando l'impasto prende consistenza, rimanendo tuttavia 'bricioloso', aggiungere il latte freddo e finire di impastare velocemente fino ad ottenere una palla piuttosto liscia.
Avvolgere la palla nella pellicola e farla riposare in frigo per almeno un'ora (io tutta la notte).


Dopo il riposo, riprendere l'impasto e distenderlo dapprima con le mani, poi col mattarello, sul piano di lavoro leggermente infarinato. Formare quindi un cerchio dello spessore di 2-3 mm ed un diametro di 7-8 cm più grande di quello della tortiera.
Imburrare la tortiera e disporvi la pasta facendola aderire bene sia sul fondo che sui bordi. Bucherellare la superficie con una forchetta, coprire con carta da forno facendola aderire bene su tutto il guscio e mettere a raffreddare nel freezer per circa mezz'ora.
Ritirare dal frigo, disporre dei pesi sopra la carta da forno (io ho usato un'altra teglia di dimensioni quasi identiche) e metterla nel forno già caldo a 180° per 20 minuti.
Togliere quindi i pesi e la carta da forno e rimettere il guscio in forno per altri 5-6 minuti per farlo asciugare completamente.

Per il ripieno ho cominciato a preparare i carciofi.
Mondare i carciofi eliminando le foglie esterne più dure e le punte. Tagliarli quindi a spicchietti piuttosto sottili.


In una padella fare imbiondire uno spicchio di aglio in qualche cucchiaio d'olio extravergine di oliva. Mettere i carciofi e cominciare a cuocerli a fuoco piuttosto vivace; dopo qualche minuto, aggiungere un bicchiere d'acqua, coprire e far cuocere a fuoco dolce piuttosto a lungo (40 minuti circa).
Mescolare di tanto in tanto e aggiungere acqua quando necessario, finché non saranno quasi sfatti.
Verso fine cottura aggiungere un pizzico di sale, un poco di paprica (se piace) e di ginger in polvere. Spegnere il fuoco e lasciare raffreddare.



Intanto mettere la ricotta in una terrina, aggiungere l'uovo, il parmigiano e la fontina tagliata a dadini piccoli.
Unire quindi i carciofi, amalgamare bene tutto e versare il composto sul guscio di pasta brisée.


Mettere in forno a 180° e cuocere per circa 40 minuti, finché il composto risulti abbastanza asciutto e colorito.


Togliere dal forno e lasciare riposare per qualche minuto: la torta si gusta meglio se non troppo calda.





domenica 22 novembre 2015

Cipolle di Cannara in agrodolce

Questo piatto nasce dal desiderio di finire le 5 cipolle piatte di Cannara, avanzate dalla preparazione descritta la settimana scorsa.



Cannara è un piccolo comune umbro, situato tra Spello ed Assisi, ed è conosciuto per la produzione di numerosi tipi di cipolle, diverse per forma e colore, ma molto apprezzate per la dolcezza, morbidezza e digeribilità.

Non essendo un amante delle cipolle, ho pensato di attenuare il loro caratteristico sapore facendo una preparazione agrodolce.


  • Pulire e lavare le cipolle mettendole in un tegame con burro e olio ben caldi.
  • Quando le cipolle si sono appena ammorbidite, aggiungere 2 cucchiai colmi di zucchero, facendolo sciogliere nei grassi girando in continuazione.
  • Poco prima che lo zucchero cominci a caramellare, versare due cucchiai di aceto balsamico, continuando a mescolare e regolando la fiamma per evitare che le cipolle possano bruciarsi.
  • Aggiungere quindi un grosso bicchiere di liquido composto per 2/3 di acqua ed 1/3 di aceto bianco di vino, facendo in modo che le cipolle rimangano coperte di liquido per almeno la metà.

  • Abbassare il fuoco, coprire il tegame e far cuocere per circa 3/4 d'ora, girando ogni tanto. Se si asciuga troppo, aggiungere altro liquido poco per volta.
  • Quando le cipolle sono quasi cotte, togliere il coperchio, alzare il fuoco e fare addensare il sughetto rimasto sul fondo.
  • Se le cipolle sono morbide e la glassa è diventata abbastanza densa, il piatto è pronto.
  • Trasferire tutto in una ciotola adatta e servire quando sono ancora calde, insieme alla salsa agrodolce.






lunedì 16 novembre 2015

Ravioloni ai funghi e 'o rraù napoletano

Questo mese la sfida che Monica e Luca del blog fotocibiamo ci propongono per l'MTC di novembre verte su un piatto tipicamente italiano: il Primo Piatto Asciutto delle feste.
La ricetta si svolge su due fronti: il primo comprende una pasta ripiena, mentre il secondo riguarda il sugo, che deve essere a cottura lenta.
Dopo una breve riflessione sul da farsi, decido che il sugo a lenta cottura sarà il ragù napoletano ('o rraù), mentre come pasta farò dei ravioli farciti con un ripieno senza carne o pesce, in modo che possa gustarli anche il mio genero vegetariano, ovviamente conditi con una salsa diversa.



L'idea di questo ragù non deriva dal fatto di essere napoletano, perché sono nato e vivo a Roma, ma mio padre era di famiglia napoletana e ricordo ancora quando da bambino la domenica andavo a trovare i miei zii che immancabilmente avevano sul fuoco un tegamone pieno di sugo. La casa era sempre carica del profumo inebriante della carne cotta lentamente nel pomodoro ed era inevitabile che in quel sugo, insieme ai miei cugini e con il consenso degli zii, ci infilassi in bel pezzo di pane che poi portavo alla bocca con grande avidità.


Naturalmente i ricordi di quel rraù sono molto sbiaditi ed inoltre, come tutti i piatti di tradizione, è ben difficile stabilire quale sia la vera ricetta originale, perché ogni famiglia ha la sua. Ci sono però poche regole generali che comunque vanno rispettate.

Prima regola: non usare carne tritata, ma solo pezzi grossi. Preferibili le 'braciole' (niente a che vedere con la carne alla brace o con le bistecche), che vanno farcite con sale, pepe, aglio e prezzemolo tritati, pecorino grattugiato, uvetta e pinoli, e poi avvolte e legate con lo spago come un grosso involtino. La carne deve essere di manzo, non troppo tenera affinché tenga bene la cottura, eventualmente con l'aggiunta di costine di maiale (tracchiulelle), che però cuociono prima e vanno tolte anzitempo. Taglio ideale per le braciole è quello che a Napoli chiamano lòcena (tra il collo e la punta del petto).
Seconda regola: niente soffritto con cipolla, sedano e carota, no all'aglio, ma solo tanta cipolla che una volta si faceva consumare nello strutto, oggi nell'olio extravergine di oliva.
Terza regola: aggiungere sia il concentrato di pomodoro, sia la passata o i pelati e far 'peppiare' (splendido termine onomatopeico) a fuoco bassissimo per alcune ore, girando di tanto in tanto con la 'cucchiarella' (il cucchiaio di legno) che poi va lasciata tra il bordo del tegame ed il coperchio, per favorire lo sbuffo che si produce durante la lenta cottura.

Finito di ripassare mentalmente le varie fasi per la realizzazione del piatto, comincio a preparare...

'O rraù

Ingredienti

  • 950 g di carne di bovino adulto  (come taglio il macellaio mi ha dato il fiocco, detto anche punta di petto);
  • 400 g di cipolle piatte di Cannara (presidio Slow Food);
  • 70 g di uva sultanina;
  • 20 g di pinoli italiani;
  • 200 ml di vino rosso Montepulciano d'Abruzzo;
  • 60 g di pecorino romano;
  • 1 mazzetto di prezzemolo;
  • 1 spicchio di aglio privato del germoglio;
  • 65 g (mezzo tubetto) di doppio concentrato di pomodoro;
  • 1,2 kg (4 scatole) di polpa di pomodoro;
  • sale, pepe, olio.

Preparazione (i napoletani mi perdoneranno per l'esecuzione non proprio ortodossa)

Imbottire la carne con sale, pepe, aglio e prezzemolo tritati, uva sultanina fatta previamente ammorbidire in acqua tiepida, pinoli e pecorino romano ridotto a piccoli cubettini con il coltello (ho preferito non grattugiarlo per non stressarlo).


Arrotolare bene la carne con la farcitura ben distribuita al centro e legarla saldamente con filo da cucina.




Cominciare a pulire le cipolle e a tagliarle a dadini piuttosto piccoli. Mettere il trito in un tegame sufficientemente ampio con l'olio e farlo ammorbidire al fuoco per qualche minuto.


Non avendo la casseruola di coccio o di rame stagnato come vuole la tradizione, ho usato una normale pentola d'acciaio con il fondo spesso, mettendoci sotto una retina spargifiamma per distribuire meglio il calore e limitare il rischio di bruciare la cipolla.

Aggiungere il rotolo di carne e farlo rosolare e fuoco medio, girandolo spesso usando arnesi di legno e stando sempre attenti a regolare la fiamma per evitare che la cipolla bruci.
Quando la carne è ben sigillata versare il vino (io l'ho riscaldato per mantenere inalterata la temperatura) e farlo sfumare a fuoco piuttosto vivace.

Versare quindi il concentrato di pomodoro (io avevo solo mezzo tubetto, ma se ne può usare di più) e farlo sciogliere nei liquidi girando spesso.
Alzare il fuoco e aggiungere il pomodoro; io invece della passata ho preferito usare la polpa di pomodoro che è più saporita e tiene meglio la cottura prolungata.
Arrivati a temperatura, abbassare la fiamma al minimo, e fare peppiare per qualche ora tenendo la cucchiarella tra la pentola e il coperchio.
Mescolare di tanto in tanto per togliere dalle pareti della pentola il sugo che vi rimane attaccato.



Aggiungere acqua solo se il sugo di addensa troppo e regolare di sale verso fine cottura se necessario. Io non ho avuto necessità di aggiungere né l'una né l'altro.
Dopo oltre 4 ore e mezza dall'inizio, ho spento il fuoco ed ho lasciato riposare tutto in pentola.


I ravioli

Ingredienti

    Per l'impasto:

  • 300 g di farina 00;
  • 75 g di semola rimacinata di grano duro;
  • 4 uova medie;
  • un pizzico di sale.
   Per il ripieno vegetariano:
  • 300 g di funghi champignon;
  • 50 g di funghi porcini italiani essiccati;
  • 1 porro;
  • 1 spicchio d'aglio;
  • 1 bicchierino di brandy;
  • 2 cucchiai di parmigiano reggiano;
  • timo, salvia, maggiorana, rosmarino e prezzemolo freschi;
  • olio, sale e pepe.

Preparazione

1 - Comincio con il ripieno.
Faccio un soffritto con il porro ridotto a fettine, l'aglio tritato finemente ed un poco d'olio extravergine.
Aggiungo i funghi champignon tagliati a fettine e li lascio cuocere per alcuni minuti.
Quando si sono ammorbiditi, aggiungo i porcini fatti previamente rinvenire in acqua tiepida e ben strizzati.
Dopo pochi altri minuti verso il brandy e lo lascio sfumare a fuoco vivace.
Aggiungo poi un pizzico di sale, una girata di pepe e quindi le erbe aromatiche prelevate dai miei vasi, tritate finemente al coltello.
Quando la salsa è pronta, la faccio freddare un poco e poi la verso nel bicchiere del mixer, insieme a un paio di cucchiai di parmigiano e un filo d'olio, ottenendo una mousse abbastanza densa e molto saporita.




2 - I ravioli.
Per ottenere un impasto più ruvido e consistente, alla farina 00 ho aggiunto anche un po' di semola rimacinata.
Inoltre, invece di fare la consueta 'fontana' sulla spianatoia, ho preferito cominciare ad impastare le farine tenendole in una grossa ciotola.



Lavoro dapprima dentro il contenitore e solo quando comincia a prendere consistenza continuo a lavorare sulla tavola.
Quando l'impasto raggiunge la giusta consistenza, faccio la palla e la lascio riposare per circa mezz'ora coperta con un canovaccio.



Passato il tempo, riprendo la pasta, la taglio un pezzo per volta e la distendo con la macchinetta, ottenendo delle strisce larghe 10-12 cm ma non troppo sottili, fermando la sfogliatura alla tacca n. 5 su 9 disponibili (a me piacciono piuttosto consistenti e non si devono disfare sotto i denti).
Sulla sfoglia distesa dispongo dei mucchiettini d'impasto, quindi la piego sull'altro lato chiudendola premendo bene sia lungo il bordo, sia tra un mucchietto e l'altro.



Eseguo quindi il taglio con la rotella dentellata, ricavando una quarantina di grossi ravioli dalle dimensioni inevitabilmente poco omogenee, ma forse proprio per questo molto attraenti (per maggiore sicurezza, rinforzo la chiusura dei lembi sovrapposti con i rebbi di una forchetta).

Una volta pronti, li metto a lessare in abbondante acqua salata.



Dopo 6-7 minuti, quando i ravioli sono cotti ma ancora al dente, li raccolgo con una schiumarola e li dispongo sui piatti da portata su cui avevo già disposto un po' di ragù caldo.
Completare il piatto aggiungendo altro ragù caldo e abbondante parmigiano reggiano.




Naturalmente la carne cotta nel ragù è stata mangiata con grande soddisfazione come secondo piatto, dopo averla tagliata a fette e poi insaporita rimettendola nel tegame con il sugo ancora caldo.




Per informazione di chi mi legge, mi piace ricordare che il grande Eduardo De Filippo ha reso omaggio al ragù napoletano dedicandogli vari riferimenti in alcune sue opere teatrali e scrivendo la celebre poesia 'o 'rraù:


'O 'rraù

'O rraù ca me piace a me
m' 'o ffaceva sulo mammà.
A che m'aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun songo difficultuso;
ma luvàmmel' 'a miezo st'uso.

Sì,va buono: cumme vuò tu.
Mò ce avéssem' appiccecà?
Tu che dice? Chest' 'è rraù?
E io m' 'o mmagno pè m' 'o mangià...
M' ' a faja dicere na parola?...
Chesta è carne c' ' a pummarola

Il ragù

Il ragù che a me piace
me lo faceva solo mammà.
Da quando ti ho sposato,
ne parliamo tanto per parla’.
Io non sono difficile;
Ma togliamoci quest’abitudine.

Si, va bene: come vuoi tu.
Ora vorremmo pure litigare?
Tu che dici? Questo è ragù?
Ed io me lo mangio tanto per
mangiare...
Ma me la fai dire una parola?...
Questa è carne col pomodoro.



Con questa ricetta partecipo alla sfida n. 52 dell'MTChallenge.





venerdì 23 ottobre 2015

Pollo ripieno con noci e goji e contorno di riso basmati allo zafferano




Che quelli dell'MTC fossero poco sani di mente è cosa risaputa, e infatti anch'io vi faccio parte, ma stavolta la Patty del blog andante con gusto ha toccato punte di sadismo. Infatti, in qualità di vincitrice della precedente sfida, ha proposto di fare il pollo ripieno. Ma non si è accontentata di farci fare un semplice pollo farcito, bensì ha preteso che il pollo si dovesse comprare intero e poi disossarlo.
Inoltre la ricetta di questo mese deve comprendere l'intingolo per il condimento ed un contorno che ben si accompagni con il piatto.

Questa volta, più delle altre, l'ansia da prestazione è stata particolarmente elevata. Ma non perché io voglia fare bella figura o abbia desiderio di vincere, perché io partecipo esclusivamente per il gusto della sfida e per la voglia di imparare, però disossare un pollo non è uno scherzo da poco.
Per fortuna la Patty ci da delle spiegazioni dettagliatissime, accompagnate da un'ampia documentazione fotografica. Ma per me che sono di coccio, temo che tutto questo non basti.


Franco, il mio macellaio
Vado dal mio macellaio, che conosce bene le mie manie culinarie, e gliene parlo. Lui comincia a darmi dei suggerimenti, poi decide di passare dalle parole ai fatti: va nella cella frigorifero e ne esce tenendo in mano un gran pollo.
Guarda come si fa, mi dice, e comincia a disossarlo.
Con i miei occhi vedo che l'operazione è molto laboriosa, ma non impossibile.
Il suo procedimento è simile, ma non identico a quello descritto da Patty. In ogni caso capisco che il lavoro va fatto con calma e pazienza. E' anche fondamentale avere un coltello adatto e molto affilato.

Dopo la dimostrazione live torno a casa un po' più rinfrancato e comincio a pensare alla 'mia' ricetta.
Decido che la mia farcitura dovrà essere di sostanza, ma contenere anche un tocco di dolcezza per compensare l'acidità dei succhi che inevitabilmente vengono liberati durante la cottura al forno. Come base di carne userò un macinato misto di manzo, vitella e maiale, ma niente salsiccia; inoltre sarà arricchita con gherigli di noce tritati e bacche di goji.
Come contorno farò un riso basmati con pistilli di zafferano, uva sultanina ed altri aromi.

Il giorno dopo vado a rifornirmi degli ingredienti necessari. Il macellaio, insieme alla carne, mi da in prestito anche il suo coltello affilatissimo.


Disossatura del pollo 

Per questo lavoro ho proceduto come meglio mi veniva, discostandomi talvolta dalle indicazioni di Patty.
Dapprima tolgo con le mani i peulcchi residui e poi lo passo velocemente sulla fiamma.

Non trovandolo, rinuncio a togliere subito l'osso a forcella. Disarticolo quindi le cosce e le ali lasciando però le ossa in loco.
Come un chirurgo, comincio ad incidere la schiena.



Con il coltello separo la polpa dalle costole; devo stare attento perché il coltello è affilatissimo e posso tagliare facilmente anche le ossa.
Apro delicatamente il pollo; tolgo due ossa che pensavo facessero parte della forcella, ma forse erano le clavicole.



Continuo ad incidere in profondità raschiando la carne delle costole fino a liberare la cassa toracica che tiro via.



Elimino lo sterno e le altre parti cartilaginee del petto. Trovo finalmente l'osso a forcella ed elimino anche questo.



Scarnifico l'osso della coscia e lo tolgo via.



Elimino eventuali schegge o altre parti dure rimaste fino ad ottenere un pollo completamente pulito e disossato.





Preparazione del pollo farcito con noci e goji

Gli ingredienti sono:
  • un pollo disossato (2,7 kg con le ossa)
  • 600 g di macinato misto di manzo, vitella e maiale (no salsiccia)
  • mollica di pane raffermo bagnata con acqua e latte
  • 40 g di burro
  • erbe aromatiche tritate (salvia, timo e maggiorana freschi)
  • 1 cucchiaino di menta essiccata
  • 80 g di gherigli di noce tritati grossolanamente
  • 2 cucchiai di bacche di goji (per informazioni sul goji vedere qui)
  • sale e pepe
  • 1 bicchiere di vino passito di Pantelleria
Per il fondo della pirofila:
  • 5 cucchiai d'olio
  • 1 grossa carota tagliata a rondelle
  • 1 gambo di sedano molto tenero tagliato e pezzetti
  • 4-5 rametti di rosmarino
  • foglie di salvia
  • qualche scaglia di burro
  • 4 cipolle piccole adatte per la cottura in forno (che io ho dimenticato di mettere)

In un'ampia ciotola mescolare il macinato misto di carne con il sale e con il burro ammorbidito a pomata.
Tritare le erbe aromatiche e unirle al macinato quando la carne si è ben amalgamata con il burro.


Aggiungere la mollica di pane strizzata e sbriciolata, quindi le noci triturate grossolanamente e le bacche di goji.
Mescolare bene tutto e fare riposare qualche minuto affinché le bacche di goji si ammorbidiscano nell'impasto umido.
Farcire il pollo, cominciando a riempire la cavità delle cosce e poi tutto il resto.



Terminata la farcitura, richiudere il pollo e procedere alla cucitura partendo dal collo. Legare anche le cosce.



Avvolgere il pollo in un foglio di carta da forno inumidita e poi in un foglio di alluminio. Legare il 'pacchetto' e farlo riposare in frigorifero per almeno un paio d'ore (io tutta la notte).

Dopo il riposo, riprendere il pollo, eliminare l'alluminio e la carta ed insaporirlo con sale e pepe, massaggiando la superficie con le mani.
Legarlo di nuovo e disporlo in una pirofila unta con un velo d'olio.
Cospargere la superficie del pollo con qualche scaglia di burro e disporre intorno le carote affettate, il sedano e le erbe aromatiche (le cipolline che avevo comprato sono rimaste nella dispensa).



Mettere in forno caldo a 180° e farlo cuocere per circa un'ora per ogni kg di pollo farcito. Il mio, disossato e farcito, pesava quasi 3 kg e l'ho tenuto in forno per oltre 2 ore e mezza. La temperatura del forno non deve essere troppo alta per evitare che si bruci in superficie e rimanga crudo all'interno.
Dopo 20 minuti di cottura irrorare il pollo con un bicchiere di vino passito.
Continuare a cuocere bagnando ogni 15-20 minuti la superficie del pollo con i succhi depositati sul fondo.
Girare il pollo 2 o 3 volte usando cucchiai o palette di legno, evitando di usare strumenti acuminati per non correre il rischio di bucare la superficie e far fuoriuscire i succhi dall'interno.



A cottura ultimata, trasferirlo in un vassoio e tenerlo al caldo.
Recuperare i liquidi e le verdure depositate sul fondo per la preparazione della salsina con cui condirlo.


Preparazione della salsina (gravy) al passito di Pantelleria

Prima di fare la salsina bisogna aver preparato il brodo.
Io l'ho fatto usando le ossa del pollo che ho messo in acqua fredda insieme a una grossa carota, un gambo di sedano fatti a pezzi e una cipolla su cui avevo infilzato 4-5 chiodi di garofano. Aggiungere un pugnetto di sale e fare bollire molto dolcemente per un'ora e mezza circa, eliminando la schiuma ogni volta che serve. Fare raffreddare ed eliminare il grasso che affiora.

Preparare la salsa che, per la verità, non so se possa chiamarsi gravy dal momento che ho alquanto personalizzato il procedimento.
Scolare i liquidi di cottura rimasti sul fondo della pirofila filtrandoli con un colino.
Frullare le parti solide (ma non la cipolla chiodata) con un po' di brodo.
Versare un grosso bicchiere di passito di Pantelleria nella pirofila usata per la cottura del pollo e farlo evaporare al fuoco, togliendo con una paletta di legno i residui di cottura.
Mettere una parte dei liquidi filtrati in una casseruola e scaldare a fuoco medio-basso. Aggiungere un po' di brodo e gli odori frullati. Unire anche il vino liquoroso rimasto nella pirofila. Mescolare bene con una frusta. Versare a pioggia un cucchiaio di farina facendola passare attraverso un setaccio.
Addensare la salsa a fuoco dolce, girando sempre con la frusta.
Aggiustare di sale, se necessario (a me non è servito).
Utilizzare la salsina quando è ancora ben calda.


Preparazione del contorno con riso basmati allo zafferano

Ingredienti
  • 250 g di riso basmati
  • un cucchiaino di pistilli di zafferano dell'Umbria
  • 100 g di uva sultanina ammorbidita in acqua tiepida
  • 6 capsule di cardamomo verde schiacciate
  • 4 chiodi di garofano
  • 1 stecca di cannella
  • 1 cucchiaio di zucchero di canna
  • 4 cucchiai di olio extravergine d'oliva
  • sale
Lavare ripetutamente il riso basmati fino a quando l'acqua resta limpida. Poi lasciarlo in ammollo in 600 ml di acqua per mezz'ora.
Mettere i pistilli di zafferano in una tazzina e lasciarli macerare per qualche minuto versandoci sopra un poco di acqua bollente.
In una casseruola scaldare l'olio e farvi soffriggere la cannella, i chiodi di garofano ed il cardamomo.
Dopo 1 minuto aggiungere il riso ben scolato (conservare l'acqua di ammollo) e tostarlo per un paio di minuti. Aggiungere l'acqua di ammollo e poi lo zafferano con la sua acqua, l'uva sultanina ben strizzata, un cucchiaio di zucchero di canna ed una mezza manciata di sale grosso.


Portare ad ebollizione, abbassare la fiamma, mettere il coperchio e lasciare sobollire molto dolcemente per circa 15 minuti, fin quando il riso risulti molto tenero ed abbia assorbito tutta l'acqua. Durante la cottura girare pochissimo (un paio di volte al massimo).
Prima di servire eliminare la stecca di cannella e i chiodi di garofano.


Composizione del piatto

Per facilitare il taglio del pollo, eliminare dapprima tutti i fili della legatura e della cucitura.
Con un coltello affilato togliere le ali e le cosce dal corpo e cominciare a tagliarlo. Le fette inevitabilmente non potranno essere troppo sottili, pena la separazione della farcitura dalla carne del pollo.



Disporre le fette sul piatto di portata, irrorarle con la salsa al passito ben calda e guarnire con il contorno di riso basmati allo zafferano.





Portato in tavola, questo piatto aveva un'apparenza regale: la consistenza è risultata tenera ma solida, il gusto molto gradevole ed insolito con un contrasto di sapori agro-dolci avvertibile ma armonico e non preponderante.

Che altro dire alla fine di quest'impresa?

Il mio pensiero va alla carissima PATTY: cara Patrizia, nonostante ti sia particolarmente affezionato (sei tu che con la ricetta dei pici mi hai tirato dentro questa banda di matti), per un attimo ti ho odiata, ma ora ti ringrazio perché mi hai costretto a fare un lavoro che fino a ieri pensavo fosse per me impossibile.

Un altro ringraziamento particolare lo rivolgo a Franco Lepri (nomen omen), il mio macellaio di via della cellulosa, sia per il tutorial che ha avuto la bontà di svolgere nella sua bottega, sia per avermi prestato il suo specialissimo coltello, grazie al quale il lavoro di disossatura è risultato molto più agevole del previsto.

Con questa ricetta partecipo alla sfida n. 51 dell'MTChallenge.







giovedì 15 ottobre 2015

Insalata di ceci piccini delle crete senesi

No, non sono morto e non ho neanche abbandonato il blog. Ho solo diradato la mia presenza per una serie di circostanze che mi hanno tenuto parecchio occupato.
Tra queste, cito il battesimo del mio nipotino, celebrato domenica scorsa con una cerimonia semplice ma molto suggestiva.
Dopo c'è stato il rinfresco a casa di parenti, che nella loro grande casa sono riusciti ad ospitare quasi una cinquantina di persone.
Non so come abbiano fatto, ma la mia consuocera, sua sorella ed un'altra loro amica hanno preparato espressamente per tutti un menu che comprendeva 9 antipasti, 6 primi piatti, 7 secondi e 10 contorni. Inoltre, frutta, torta, tiramisù e biscotti fatti in casa. Io ho contribuito molto modestamente facendo dei petti di pollo arrosto su letto di cipolle di Tropea (qui la ricetta) ed un arrosto di arista di maiale con gravy (grazie Maria Pia).



Oggi invece parlo molto semplicemente di un'insalata di ceci che qualche tempo fa ho propinato come secondo piatto al mio genero vegetariano.
Questi ceci sono un regalo di mia sorella, che li ha trovati nei pressi di S. Quirico d'Orcia (SI).


Si tratta di un cece particolare coltivato da tempo immemore nelle colline del Chianti, del Valdarno e del Pratomagno. Sono di piccole dimensioni, ma di grande sapore; hanno inoltre la buccia molto sottile e reggono molto bene la cottura che deve avvenire dopo una notte di ammollo.

Io li ho lessati come si fa normalmente per i legumi, cioè li ho ho messi in una pentola insieme ad una carota, una cipolla, un gambo di sedano ed una foglia di alloro. Quando cominciano a bollire, abbasso la fiamma e li faccio sobollire molto dolcemente per circa 45 minuti, aggiungendo un po' di sale soltanto verso fine cottura.

Nel frattempo taglio a cubetti piuttosto piccoli delle carote crude e dei gambi teneri di sedano,  cui unisco un po' di pomodorini pachino tagliati a spicchi. Aggiungo i ceci lessati, ma ancora piuttosto al dente, e condisco tutto con poco sale, una spolverata di pepe ed abbondante olio extravergine d'oliva.
Sul fondo del piatto dispongo un letto d'insalatina tenera, anch'essa condita con un filo d'olio.


Questo piatto è stato molto gradito da mio genero che ne ha fatto una grande scorpacciata.

I ceci avanzati li ho conditi in maniera classica con olio, poco pepe e qualche foglia di basilico sminuzzata a mano.






lunedì 21 settembre 2015

Croissant sfogliato per l'MTC n. 50

Questo appuntamento non lo potevo mancare: è quello del giubileo dell'MTC che questo mese festeggia la cinquantesima sfida!


Io ho cominciato a far parte di questa pazza comunità nel gennaio 2013 con la ricetta dei pici ed ho continuato senza interruzioni fino alla scorsa sfida, quando per la prima volta ho saltato il turno per la nascita del mio primo nipotino.
Riprendo questo mese con una ricetta che quando l'ho letta mi ha fatto tremare le gambe: i croissant di pasta sfoglia.
Per fortuna Luisa Jane Rusconi del blog Rise of the Sourdough Preacher spiega molto dettagliatamente il procedimento e ci propone anche dei video dove è possibile vedere i passaggi più cruciali. Ciò non toglie che fare la pasta sfoglia non è affatto facile e richiede un'alta dose di perizia ed esperienza.
Siccome sono doti che io non posseggo, non avendola mai fatta, ed essendo per giunta poco pratico di pasticceria, ho cercato di limitare il rischio di fallimento seguendo molto fedelmente le istruzioni ed evitando i voli pindarici.

Ingredienti
  • 300 g di farina Manitoba (contenuto di proteine 15.5%) + 100 g di farina tipo 00 (proteine 10%);
  • 220 ml di latte parzialmente scremato;
  • 40 g di burro ammorbidito a temperatura ambiente;
  • 30 g di zucchero semolato;
  • 9 g di sale;
  • 4 g di aceto di vino bianco;
  • 5.5 g di lievito di birra disidratato Mastro Fornaio (dose calcolata per 400 g di farina);
  • 200 g di burro per la sfogliatura (burro 'Trentino' all'84% di grassi);
  • 1 uovo per la lucidatura.

Procedimento

L'impasto
In una ciotola sciogliere lo zucchero ed il sale nel latte e l'aceto.
Setacciare le 2 farine (75% di Manitoba e 25% di tipo 00, pari a un contenuto percentuale di proteine di 14,1 g circa).
Incorporare il lievito disidratato, unire il burro ammorbidito ed aggiungere gli ingredienti liquidi.
Lavorare l'impasto non troppo a lungo (una decina di minuti) fino ad ottenere una massa abbastanza morbida ed omogenea.
Formare un quadrato e avvolgerlo nella pellicola alimentare.
Fare riposare il panetto in frigo per almeno 6 ore (io tutta la notte).

Il pacchetto
La mattina dopo, prima di tirare fuori dal frigo l'impasto, mettere il panetto di burro per la sfogliatura tra 2 fogli di carta da forno e cominciare a batterlo col mattarello per abbassarlo ed ottenere un rettangolo di circa 18 x 24 cm.
Rimettere il burro schiacciato in frigo e prendere l'impasto per procedere alla lavorazione.
Stendere l'impasto a circa 6 mm di spessore, facendo in modo che diventi largo poco più del panetto di burro e lungo 2 volte.
Impacchettare il burro ponendolo su una metà dell'impasto e ripiegarvi sopra l'altra metà (piega a due).



Sigillare i bordi con il mattarello, quindi schiacciare la superficie e cominciare a stenderla fino ad ottenere una striscia lunga 3 volte la base.

Giro a tre
Procedere con la piega a tre.


Quindi avvolgere nella pellicola e riporre in frigorifero per mezz'ora circa (per accelerare il raffreddamento ho diminuito la temperatura del frigorifero di 1° portandolo a +4°C).


Riprendere il rettangolo, premere col mattarello e poi stenderlo, avendo cura che la piega rimanga sulla destra, tirandolo fino a una lunghezza pari a tre volte il lato corto.
Fare ancora una piega a tre, avvolgere nella pellicola e fare riposare in frigo per mezz'ora.
Ripetere l'operazione ancora una terza volta e rimettere nel frigo (siccome la temperatura dell'ambiente era tutt'altro che fresca, dopo 15' di riposo in frigorifero ho trasferito l'impasto per altri 15' nel freezer).
Ogni volta che si inizia a stendere l'impasto controllare che la piega stia a destra; ciò significa che si deve ruotare l'impasto di 90° per non stendere sempre nella stessa direzione.

Il triangolo
Dopo l'ultimo riposo, dividere l'impasto in due e stendere ogni porzione fino a formare due rettangoli di 26 x 34 cm ciascuno ed uno spessore di 3-4 mm circa (infarinare a sufficienza, ma senza esagerare, il piano di lavoro).
Sbattere l'impasto sul piano di lavoro due volte per favorire la sfogliatura, rifilare i bordi se non sono precisi, quindi tagliare dei triangoli aventi la base di 11 cm ca. ed un'altezza di 25-26 cm.


Sformatura dei croissant
Fare riposare i triangoli per 20 minuti in frigo prima della sformatura.
Stirare leggermente i triangoli con le mani per allungarli, praticare un taglietto al centro della base, divaricare i lembi e cominciare ad arrotolare fino alla punta, senza premere, né stringere troppo l'impasto.



Lucidatura e cottura
Posizionare i croissant su una placca rivestita di carta forno, avendo cura di mettere la punta sotto, per evitare che si alzi in cottura.
Spennellare con l’uovo sbattuto e filtrato (io però non l'ho filtrato), coprire con la pellicola e fare lievitare a temperatura ambiente per 2 o 3 ore.


Prima di infornarli spennellarli di nuovo con l’uovo, poi cuocere per 10 minuti a 220°C e per altri 10 minuti a 190-200°C finché risultino ben dorati.



Quando sono pronti farli raffreddare su una gratella.

A questo punto si possono mangiare così come sono, magari spolverizzandoci sopra un po' di zucchero a velo, oppure si possono farcire con ciò che piace di più (confetture varie, miele, ecc. ma anche bacon o altro per una versione salata).
Io non stavo più in me per l'ansia di assaggiarli e ne ho mangiati subito un paio.



Sicuramente si potrà fare di meglio, ma questi 'miei' primi croissant mi hanno riempito di gioia e di orgoglio. Il sapore era molto gradevole, la consistenza piuttosto morbida e croccante allo stesso tempo, ed infine... sotto i denti hanno fatto skrunch!

Con questa ricetta partecipo alla sfida n. 50 dell'MTC.