Con questa ricetta partecipo al contest di Menù Turistico - MTChallenge di gennaio 2013
Il dado è tratto! Ebbene sì, ho deciso, parteciperò all' MTC.
Se qualcuno me l’avesse detto qualche giorno fa lo avrei preso per matto. Ma forse il matto sono io, cittadino romano de Roma, che non ha mai messo le mani nella farina per preparare la pasta fatta in casa (e non l’ha mai vista fare dalla mamma o dalla nonna, anch’esse romane de Roma) e che, nonostante tutto, ha deciso di buttarsi nella mischia e partecipare a questa singolare competizione!
I
motivi che mi hanno fatto scattare la voglia di partecipare sono almeno due. Il
primo è legato al desiderio di preparare da me una pietanza che mi piace parecchio
e che molto raramente ho occasione di mangiare; ed è lo stesso motivo che, da
qualche mese, mi ha spinto ad avventurarmi nell’affascinante e, per certi versi,
ancora misterioso mondo della cucina.
Il
secondo motivo dipende dalla C finale di MTC, che sta per Challenge (sfida). E per me, ancora abbastanza inesperto di cucina,
ogni volta che preparo qualche manicaretto è sempre una sfida; sì, mi piace
mettermi in gioco, anche se, prima di cominciare, mi sorge spontanea la solita
domanda: verrà bene ciò che sto per preparare, o alla fine dovrò buttare tutto? In
genere 9 volte su 10 l’esito risulta pienamente soddisfacente, almeno per me, regalandomi
la grande soddisfazione di avere preparato con le mie manine qualcosa di buono...
Ma
ora veniamo ai Pici. Come ci dice la Patty, i Pici erano il piatto dei
contadini, fatto di estrema povertà ed essenzialità, ma che racchiudono l’odore
ed il sapore dalle campagne senesi, e non solo quelle.
Per
insaporire questo piatto povero, ma ricco di emozioni, ci vuole un condimento
altrettanto povero ma ricco di sapore.
Ho
così pensato di associare alla semplicità di questa pietanza tosco/ senese una salsa,
altrettanto semplice, ma di provenienza laziale/ romanesca: la Matriciana (o Amatriciana, come vedremo tra poco).
Questo
sugo era parte del pasto principale dei pastori abruzzesi e dell’alta Sabina,
che portavano nei loro zaini pezzi di pecorino, sacchette di pepe nero, pasta essiccata,
guanciale e strutto.
Il
nome deriva da Amatrice, piccola cittadina laziale al confine con l’Abruzzo, ma,
riguardo al nome, si deve tenere presente che gli abitanti di Amatrice usano
chiamarsi “matriciani” e pertanto il piatto originale veniva chiamato
“matriciana” e non amatriciana come invece viene comunemente chiamato oggi.
Di
questa salsa sono note diverse varianti, con ingredienti e metodi di
preparazione talvolta alquanto differenti. Ad esempio, spesso si prepara aggiungendo la
cipolla o l’aglio, ma ad Amatrice non usano né l’una, né l’altro!
La
ricetta più antica si chiama Gricia (pronunciata con la c ‘strascicata’ tipica
della parlata romanesca e laziale, tanto da diventare quasi ‘griscia’) che è
una preparazione senza pomodoro, originaria di Grisciano, piccolo paese poco
distante da Amatrice.
Riguardo alla composizione, la ricetta canonica prevede l’uso dei seguenti ingredienti:
• il guanciale (ottenuto dal muso del maiale) con un rapporto pasta/ guanciale di 4/ 1;
• un cucchiaio di strutto;
• il pomodoro fresco ben maturo (tipo spagnoletta, chiamato anche casalino), ma sono ammessi anche i pelati in scatola;
• il pecorino dei Monti Sibillini e della Laga (fatto con latte crudo della pecora di razza sopravissana, dal sapore molto delicato, non salato e leggermente piccantino);
• un peperoncino non troppo piccante.
La tradizione prevede inoltre l'uso di una padella di ferro anziché una più moderna padella in acciaio inox, magari rivestita di materiale antiaderente.
Non è ammesso l'uso di panna, latte o altri derivati, se non il pecorino da spolverare abbondantemente sulla pasta quando il piatto è pronto.
Non è ammesso l'uso di panna, latte o altri derivati, se non il pecorino da spolverare abbondantemente sulla pasta quando il piatto è pronto.
Considerata la difficoltà di trovare alcuni ingredienti, vengono oggi ammesse alcune varianti, ma un componente è assolutamente irrinunciabile: il guanciale.
Per la preparazione di questi Pici alla Matriciana comincio a fare il sugo, che posso conservare anche per un giorno o due.
La “mia” matriciana (o amatriciana, se si preferisce) la faccio nel seguente modo (le dosi sono abbondanti, così da poterla usare ancora per qualche altra preparazione).
Prendo un paio di fettine di guanciale dello spessore di circa mezzo centimetro, tolgo la cotenna, taglio ciascuna fetta in striscioline larghe 1 cm circa e le riduco ancora a pezzi lunghi un paio di cm.
preparazione del guanciale |
vino bianco e peperoncino |
guanciale ben rosolato |
Aggiungo quindi una bacca intera di peperoncino ed un bicchiere di vino bianco, che faccio sfumare a fuoco vivace (il vino era un Pecorino Corno Grande, terre di Chieti).
Tolgo il peperoncino e fermo la rosolatura versando 400 g di pomodorini italiani di collina in scatola (non è stagione per i pomodori freschi: quelli che trovi non sanno di niente).
aggiunta dei pomodorini |
Li lascio cuocere per una decina di minuti, girando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno, finché il sugo si sarà sufficientemente addensato.
Una volta pronta, lascio la matriciana nella padella e comincio la
Preparazione dei Pici
Li ho preparati adottando scrupolosamente gli ingredienti e le tecniche indicate da Patty di Andante con gusto, cambiando soltanto le dosi per adattarle a 2 - 3 persone, ma rispettando rigorosamente le proporzioni.
Ho quindi usato:
- 160 g di farina 00
- 80 g di farina di semola rimacinata
- 2 cucchiai di olio extra vergine
- 1 pizzichino di sale
- 1 bicchiere scarso di acqua
E ora comincia l'avventura. Non avrei mai creduto che la preparazione di questi pici potesse diventare un thriller... Ma procediamo con ordine.
miscelatura delle farine |
la fontana |
Quando mi sembra che cominci a prendere una certa consistenza, comincio a impastare con la mano destra, tenendo con la sinistra la mia fedele paletta raschia ghiaccio che uso per le più svariate incombenze. Ma che succede? Chi c'ha messo la colla? Aiutoooo, l'impasto mi si sta attaccando sulla mano! Forse c'ho messo troppa acqua. Per fortuna avevo saggiamente messo da parte altri 50-60 g di farina (4 cucchiai di 00 e 2 di semola), per eventuali necessità. Ne verso prima un po' nell'impasto, continuando a lavorare, e poi un altro po'.
l'impasto in preparazione |
Ora l'impasto si è asciugato abbastanza, e riesco a liberare la mano. Continuo a lavorare ancora e ancora; sento la palla che comincia a prendere il calore delle mie mani e a diventare liscia come il velluto. Che bella sensazione! Mi è venuto da pensare a una mamma che sente crescere nel suo grembo il suo bambino.
L'impasto è pronto. Lo avvolgo nella pellicola e lo lascio riposare per mezz'ora, giusto il tempo di ripulire un po' in giro e prendermi un caffè.
l'impasto pronto |
Riprendo la palla, ne tolgo un pezzetto, lo stendo leggermente con il mattarello e ne ricavo 3 striscioline. Comincio quindi a 'rollare'...
la rollatura dei pici |
Il primo picio mi viene benino, il secondo forse troppo lungo e mi si assottiglia troppo in alcuni punti, lo rifaccio. Proseguo il lavoro e prendo un po' di manualità. Scopro così che lo spessore viene bene, senza che si formino le 'avvallature' delle dita, se il picio viene rotolato sotto la cavità della mano, tenendo il polso poggiato sulla spianatoia; le dita vanno usate solo nella fase iniziale.
i pici pronti |
Una volta pronti, li dispongo su di un largo piatto, li spolverizzo con un po' di semola per evitare che si attacchino e li copro con un canovaccio di lino.
Metto a bollire l'acqua, con un pugnetto di sale, in una pentola abbastanza capiente. Metto pure a riscaldare la matriciana che avevo preparato ieri.
L'acqua sta per bollire, sarà meglio che cominci a prendere i pici.
NOOOOO! Non può essere! E mò che faccio?
I pici non ci sono più!!! L'impasto si è appiattito e dei pici rimane solo qualche ombra. Bè, cercherò di districarne qualcuno, tanto erano troppi per noi due. Con tutta la buona volontà ne ricavo giusto 3 o 4. Che faccio, abbandono?
Poi mi sono venute in mente le parole di Patty: "se si rompono mentre li fate, pace! avrete dei pici cortini, si mangia tutto!".
No, non si butta niente! Riprendo i pici sfatti, tolgo l'eccesso di semola, li rimpasto e poi li rifaccio. Sì, li ho rifatti per la seconda volta! Stavolta però li faccio un po' meno lunghi e li dispongo ben separati un po' sopra un canovaccio ed un altro po' sulla stessa spianatoia.
L'acqua bolle di nuovo, prendo i pici un po' per volta e li tuffo nell'acqua. Li smuovo appena con un forchettone di legno per non romperli e aspetto che si cuociano. Dopo 2 o 3 minuti eccoli che vengono a galla! Aspetto un altro minutino scarso, quindi li raccolgo con il forchettone e li dispongo belli umidi direttamente sui piatti sul cui fondo avevo già messo un po' di sughetto caldo. Aggiungo un altro paio di cucchiai di matriciana bella calda, un'abbondante spolverata di pecorino ed il piatto è pronto!
Buonissimi i pici, belli carnosetti come piacciono a me, e saporitissimo questo sugo matriciano fatto solo con guanciale, pomodoro, un bicchierozzo di vino bianco e poco peperoncino.
pici alla 'matriciana |
Il piatto è stato accompagnato da un buon Morellino di Scansano Poggio di Fontesassi, anno 2009.